O molto illustre Ulisse,
o degli Achei
Somma gloria immortal,
su via, qua vieni,
Ferma la nave;
e il nostro canto ascolta.
Nessun passò di qua
su negro legno,
Che non udisse
pria questa che noi
Dalle labbra mandiam,
voce soave;
Voce, che innonda
di diletto il core,
E di molto saver
la mente abbella
Omero"Odissea"-Libro XII (241-248)

 

Le Sirene nel mondo        Le Sirene nei racconti

 

 

In italiano il termine sirena, così come in molte altre lingue romanze, indica una figura antropomorfa metà pesce e metà donna, Questa figura è quella che popolarmente è associata al termine in questione, grazie anche alla fiaba del 1836. La sirenetta di Hans Christian Andersen, e delle opere musicali e cinematografiche da essa derivate. Nella tradizione orientale, risalente al 1000 a.c., la sirena è metà uccello e metà donna. Per quanto riguarda l’aspetto fisico delle Sirene, abbiamo meno incertezze: anche se Omero non le descrive ci sono numerose raffigurazioni vascolari e scultoree, nonché le descrizioni di autori più recenti, che ne testimoniano la forma ibrida, col corpo di uccello e la testa femminile.  Nel tempo questa forma attenua i suoi caratteri ornitomorfi: compaiono le braccia umane, il seno, poi tutto il busto; successivamente solo le zampe restano a forma di uccello, finché non si perdono, in epoca alessandrina, anche questi ultimi residui di ibridismo. Quello che resta invece incerto è il motivo di questa forma. Sembra che fossero all’inizio del tutto umane, e che la loro parziale trasformazione in uccelli sia conseguente ad un evento, che varia però a seconda degli autori. Per Ovidio erano compagne di giochi di Persefone, alla quale stavano insieme anche quando il tenebroso Ade l’aveva rapita; allora avevano chiesto agli dei di diventare uccelli per poter cercare la loro compagna in mare e per terra. Secondo altre versioni sarebbe stata invece Demetra a trasformarle così, come punizione per non aver cercato di impedire il ratto della figlia; oppure sarebbe stata Afrodite, per punirle di aver disprezzato le gioie dell’amore. Di certo c’è solo che, pur avendo le ali, avevano perso la capacità di volare in una gara di canto contro le Muse; queste ultime, dopo averle vinte, irritate dall’orgoglio dimostrato dalle Sirene, le avevano spennate.
In questa antica tradizione, che indica più chiaramente le arpie, esse attiravano, i marinai con il loro canto facendoli naufragare sugli scogli delle loro isole rocciose, pronte a rapirli e a divorarli. Le arpie erano mostri in grado di creare burrasche marine sotto forma di terribili venti, impersonando divinità infernali che derubavano l'anima di chi stava per morire. Ambedue le tradizioni quindi possono raffigurare sempre le arpie e non le sirene, vista la similarità fra i due connotati.

 

 

 

Nell'Irlanda medievale e nel folklore nordeuropeo la figura delle sirene (mermaids) ebbe larga diffusione e vennero rappresentati anche i sireni (mermen), conosciuti anche come tritoni. Secondo alcuni miti greci, esse erano figlie di Acheloo e Mnemosine, o Calliope, o Tersicore. Secondo altri, furono generate da tre gocce di sangue perse da Acheloo durante un combattimento. Inoltre, secondo Le Metamorfosi di Ovidio, furono trasformate in tal modo da Demetra per poter cercare Persefone rapita da Plutone (o per punizione per non aver saputo evitare il fatto) o "secondo altri" furono trasformate dalle Muse poiché battute nel canto. Altri miti ancora affermano che Afrodite le avesse punite trasformando la metà inferiore dei loro corpi in uccello perché rifuggivano dai piaceri carnali.
Le Sirene sono menzionate per la prima volta da Omero. Nel poema sono due mentre altri autori posteriori ne ricordano quattro: Telete, Redne, Molpe e Telsiope, oppure tre: Pisinoe, Aglaope e Telescope, conosciute anche coi nomi di Partenope, Leucosia e Ligea.

 

 

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Con il loro canto affascinavano i marinai che erano indotti a schiantarsi sugli scogli dell'isola dove vivevano (identificata con gli scogli di Li Galli, poco a sud della penisola sorrentina). Solo due navi sfuggirono alla morte: quella di Ulisse, di ritorno dalla guerra di Troia, e quella degli Argonauti. L'eroe di Itaca, consigliato da Circe, tappò le orecchie dei compagni con la cera e si fece legare per poterne ascoltare il canto, mentre la nave degli Argonauti si salvò grazie alle doti canore di Orfeo che le batté nel canto; in tale occasione le sirene si buttarono in mare per lo sconforto e furono trasformate in sassi.
Si dice che il canto delle sirene rendesse i marinai che l'avevano ascoltato più saggi a causa della loro onniscienza, e che il loro canto potesse addirittura fermare i venti.

 

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